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A PROPOSITO DE LA CONDANNA




La condanna [scarica il PDF], col suo ricorso ossessivo al dialogato, è un esempio lampante del mio concetto di "sceneggiatura". Io non credo che le parole e le immagini facciano a botte e che il cinema debba essere ostaggio del suo mezzo (cioè della visione, dell'immagine). Un corto può essere più visivo che dialogato, ma un lungometraggio non può prescindere dalle parole. Do molta importanza alle parole. Il cinema condisce le parole con inquadrature, movimenti di macchina, etc., le quali aggiungono parole alle parole: tuttavia, alla base, io pongo sempre la parola dialogata. E' difficile raccontare storie per immagini - e questo non spetta, secondo me, agli sceneggiatori. Sono convinto che un film ambientato totalmente in interni e strutturato unicamente con dialoghi e brevi flashback (ad esempio in un'aula di tribunale e con interrogatori e contro-interrogatori) possa non annoiare il pubblico, possa addirittura piacere e non svuotare le sale: questa forse è un'illusione. Qualcuno potrebbe dire che questo è teatro, non cinema. Se debbo esprimermi su questo punto e se debbo essere sincero, la mia opinione è che il cinema debba essere un teatro per il grande pubblico, debba cioè eliminare dal teatro tutti quegli aspetti che lo rendono, in certa misura, elitario, per pochi. Il difetto del cinema d'oggi è che è troppo poco teatrale; ciò quando, per contro, il teatro sta diventando sempre più cinematografico.

C.M.

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