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STORIA D'INVERNO, un racconto di C. Mazzoni






Lui e lei. O, meglio: lui; lei. Dico “Lui; lei”, perché pur vivendo nello stesso mondo ciascuno viveva nel suo. Non s’incontravano mai. O, per dirla com’era, quando si incontravano lui c’era e lei non c’era, e quando c’era lei, lui non c’era. Ma si amavano, anche se non potevano mai incontrarsi. La cose stavano così: quando lui era sveglio, lei dormiva, e quando lei dormiva, lui era sveglio. Ma chi dormiva, dormiva in modo tale da non poter essere svegliato: più che un “dormire” si sarebbe detto uno stato di totale incoscienza, di assenza di sensazione.
Dunque, non si potevano incontrare, e ciò per uno strano ed incredibile sortilegio del caso. Ma si amavano. Forse era una punizione questa, il non potersi mai incontrare, forse stavano scontando una colpa, anche se non la rammentavano, forse c’era stato un tempo in cui potevano toccarsi, parlarsi, amarsi: così pensava ciascuno di loro. E ciascuno di loro pensava in silenzio, fra sé e sé, pur essendo in due. Passarono i giorni in silenzio, ciascuno guardando l’altro nelle sue notti. Lui guardava il corpo di lei, adagiato sul loro letto, guardava il profilo del suo volto disegnarsi nella luce dell’alba, guardava il profilo del suo seno sprofondare la sera sotto il vestito. Lei guardava lui come lui guardava lei. A volte lui le stringeva le mani, a volte lei gli stringeva le mani. A volte lei accarezzava lui, a volte lui accarezzava lei. E ciascuno di loro faceva queste cosa da solo, pur essendo in due.

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